Intento del testo è di fornire al lettore un quadro generale relativo alle problematiche teorico-metodologiche e tecnico-costruttive che riguardano il restauro architettonico e il recupero degli edifici storici.
Si esplorano, pertanto, in forma analitico-critica, tematiche relative agli interventi sull'architettura storica, giungendo a definire metodologie progettuali e tecniche esecutive finalizzate alla migliore conservazione e valorizzazione di quelle testimonianze del passato, a cui non possiamo rinunciare, così importanti nello scenario del nostro vivere, in quanto elementi essenziali ai fini della definizione della nostra riconoscibilità identitaria.
L'apparente ossimoro "Intervenire per conservare" evidenzia la propria coerenza 'sul campo' quando si riscontra come le opere meglio conservate siano quelle che hanno avuto continuità d'uso, che sono state cioè curate, valorizzate e amate nel tempo. E' per questo che, non meno importanti degli aspetti materiali della conservazione, sempre ben considerati dalla critica del restauro, sono sempre da approfondire le implicazioni sociali, antropiche e simboliche che il progetto di restauro architettonico implica. I fini della conservazione, dunque, non sono da intendersi esclusivamente come il blocco o il rallentamento del degrado ma anche, dinamicamente, come atto valorizzativo mediante il recupero e il rilancio di qualità non solo materiali oltre che come ricerca di possibilità d'uso compatibile.
Nella realtà applicativa è emersa nel tempo una varietà di approcci metodologici ed esecutivi che costituisce un panorama di metodi e di criteri che si presenta ampio ma carente di condivisione e definizione unanime.
I tentativi fatti in passato di codificare regole universali con le Carte del Restauro, ancorché opportuni, non sono mai giunti, nei fatti, a intese generalmente accettate, risultando, di volta in volta, espressione del gusto, della cultura; in definitiva, della mentalità, della prassi e delle conoscenze tecnologico-costruttive del momento.
Le verifiche sui lavori eseguiti e i controlli condotti a distanza di tempo sono stati e continuano ad essere particolarmente significativi per valutare la qualità di una determinata metodologia d’intervento. Tali riscontri hanno dimostrato come, molto spesso, le soluzioni generalmente riconosciute come le più idonee siano quelle che si rifanno ai metodi costruttivi del passato.
Se le tecniche d’intervento premoderne potevano ancora considerarsi affini a quelle antiche, sia per materiali, sia per funzionamento statico, sia per procedure di esecuzione e, pertanto, garanti di una certa coerenza formale, costruttiva, strutturale, nonché di una intrinseca reversibilità delle parti aggiunte, con l’avvento dei materiali ‘nuovi’, come il cemento armato e le resine sintetiche, si è verificato un deciso allontanamento dalle concezioni costruttive del passato. Se ciò, inizialmente, non ha destato preoccupazione ed anzi, talvolta, è stato considerato un vantaggio in nome della chiarezza identificativa delle parti nuove, col tempo, però, l’uso di questi materiali, non sperimentati per secoli come quelli tradizionali, ha rivelato problemi non irrilevanti.
Esiti discutibili si sono verificati sia in campo strutturale nel caso, ad esempio, dell’eccesso di rigidità di inserimenti cementizi in contesto murario tradizionale, particolarmente inopportuni se sottoposti a sollecitazioni dinamiche come quelle sismiche, sia nei riguardi della resa estetica, cromatica, tattile, di durabilità, di compatibilità cimico-fisica ecc. dei nuovi materiali, comparati con quelli della tradizione.
In realtà il nostro Paese può considerarsi all'avanguardia, sia dal punto di vista teorico, nell'ambito del quale sussiste un ampio e ricco dibattito con confronti scientifici ad alto livello, sia per la presenza di un numeo ormai molto elevato di interventi di eccellenza. Quello che sembra mancare è una diffusione capillare della cultura del restauro architettonico e una reale, profonda conoscenza della costruzione storica, che consenta di intervenire con piena consapevolezza sul costruito, anche quello non monumentale, la cui tutela e valorizzazione è fondamentale per la conservazione dell'identità storico-ambientale delle nostre città.
Dalla fine degli anni Ottanta, a seguito delle esperienze discutibili di cui si è detto, si è fatta strada, con sempre maggiore ampiezza e determinazione, la linea tecnico-culturale secondo la quale il metodo più corretto di intervento ai fini della conservazione dei beni architettonici storici è quello che prevede prioritariamente l’applicazione di tecniche originali o comunque il più possibile affini a quelle della tradizione.
Ma per operare in aderenza a quelle tecniche e riproporle in modo efficace, è necessario seguire una metodologia rigorosa, fondata su un arco di criteri che si è tentato, in questa sede, di definire con attenzione.
Risulta fondamentale, anzitutto, raggiungere una conoscenza approfondita delle modalità costruttive del passato, attraverso uno studio volto a capire come si utilizzavano e perché. Occorre quindi mettere in primo piano il lavoro di analisi, lettura critica e comprensione delle tecniche originarie del monumento specifico sul quale si interviene ma anche la conoscenza puntuale delle tecniche usate in generale nel periodo e nel luogo della sua edificazione.
L’approfondimento delle conoscenze riguardo alle tecniche edilizie degli antichi costruttori consente di valutare le possibilità e le modalità, tuttora esistenti, di una loro riproposizione nell’ambito di eventuali interventi reintegrativi di restauro. Infatti solo la piena comprensione del funzionamento tecnologico e strutturale della costruzione del passato consente valutazioni approfondite e ben calibrate, evitando, ad esempio, la usuale sottostima delle capacità portanti residue di una struttura, con i conseguenti inutili o sovradimensionati interventi consolidativi. Un simile approccio in ambito strutturale rende possibile l’individuazione, in modo mirato, dell’anello debole su cui concentrare l'impegno per ottenere il massimo beneficio con il minimo intervento.
Ma vi è un’ulteriore procedura che può rivelarsi particolarmente proficua per le valutazioni strutturali: essa consiste nel confrontare la fattura costruttiva e le soluzioni tecniche utilizzate nel monumento specifico con la regola d’arte, così come essa risulta da un’analisi comparata, in quanto prassi costruttiva codificata riconoscibile in edifici analoghi dello stesso periodo, evidenziando scrupolosamente eventuali scostamenti e valutando, di volta in volta, se questi siano migliorativi o peggiorativi.
Soprattutto per restauri consolidativi si può rilevare sovente, nella prassi, l’applicazione di tecniche estranee al monumento stesso. Quando quelle originarie non sono conosciute o lo sono solo parzialmente, possono verificarsi, da un lato, incertezze nelle valutazioni tecniche delle strutture esistenti che impongono l’utilizzo di margini di sicurezza maggiori e quindi interventi più invadenti; dall’altro, la necessità di ricorrere a tecniche più familiari e vicine alla pratica corrente, in quanto quelle originali, se non correttamente eseguite perché non sufficientemente conosciute, darebbero meno garanzie di solidità ed efficacia.
In altri termini, potremmo dire che l’utilizzazione di tecniche nuove viene spesso, di fatto, a supplire a una carenza di conoscenza e che il ricorrere a materiale estraneo può essere dovuto ad un deficit di capacità tecnica nel produrre e mettere in opera, in modo adeguato, materiale tradizionale.
L’assunto fondamentale che deve prevalere è invece quello, senza integralismi, di non utilizzare tecniche ‘nuove’, estranee a quelle originali, se non quando queste ultime si dimostrino inutilizzabili, o scarsamente efficaci.
Tuttavia occorre riconoscere che anche per le tecniche nuove è da ritenersi necessaria una approfondita conoscenza, per valutarne pienamente l’impatto sul manufatto storico, i benefici e le controindicazioni anche solamente potenziali, gli aspetti formali, strutturali, filologici e, in generale, la loro rispondenza ai requisiti che la conservazione e la qualità culturale dell'esito richiedono.
Anche per questo scopo è indispensabile un approccio multidisciplinare al restauro architettonico, che preveda un continuo e positivo confronto tra il progettista e gli altri tecnici esperti nei campi specifici che investono il processo restaurativo.
L’intervento di restauro va concepito, infatti, in modo integrale, ovvero analizzando contemporaneamente tutte le problematiche implicate: architettoniche, archeologiche, storiche, strutturali, tecnologiche, chimiche, fisiche, biologiche ecc. in quanto esse si influenzano vicendevolmente.
Se è ormai chiaro che il restauro architettonico possiede peculiarità disciplinari specifiche, va altresì rilevato che ogni oggetto da restaurare costituisce, con le sue problematiche estetiche, statiche, tecnologiche, strutturali, culturali, simboliche, un complesso universo non generalizzabile, da studiare preliminarmente e accuratamente nelle sue specificità, per il quale è dunque difficile individuare precettistiche fissate a priori.
D’altronde laddove non è possibile riferirsi a regole generali, è il progetto che assume importanza primaria e, anzi, diviene tanto più valido quanto più si radica e trae indicazioni dalle singolarità identitarie della situazione in esame. Proprio sul metodo con cui questo processo di aderenza e radicamento deve avvenire è possibile fare valutazioni di carattere generale.
Organizzazione espositiva del testo.
Il testo è articolato in cinque capitoli, seguiti dalla bibliografia.
Nel primo capitolo, si propone un inquadramento generale del tema del restauro e recupero architettonico in termini storici e normativi, anche alla luce del controverso dibattito metodologico attuale.
Si sono poi analizzate, nel secondo capitolo, le peculiarità e l’importanza, nel restauro architettonico, delle indagini preliminari, intese sia come fondamentale attività propedeutica al progetto, sia come strumento di conoscenza in senso lato.
Si è poi passati ad esporre i criteri progettuali fondamentali da seguire soprattutto operando a diretto contatto con i manufatti storici, indispensabili per raggiungere l’obiettivo della massima conservazione sia della materialità dell’oggetto storico, sia delle sue valenze culturali.
Molto spesso l’intervento sugli edifici storici è motivato dalla necessità di garantirne la stabilità; tuttavia sono proprio gli interventi strutturali che, se non eseguiti con le modalità opportune, possono incidere pesantemente ed in modo irreversibile sulle delicate testimonianze storiche. A tale problematica è dedicata una parte del secondo capitolo in cui viene analizzato questo importante e controverso aspetto con riferimento ai criteri specifici di valutazione quantitativa, nonché di intervento tecnico. Nella parte finale del capitolo si evidenzia l'importanza di focalizzare l'attenzione sulle caratteristiche più labili, ma non per questo meno importanti, che qualificano l'edificio storico, per poterle valorizzare identitariamente.
Nel terzo capitolo, ci si addentra negli aspetti esecutivi di cantiere, il luogo dove il metodo fa i conti con la sua applicazione nella pluralità dei casi reali. Si descrivono analiticamente e criticamente le principali modalità di intervento per i vari elementi costruttivi dell'edificio storico.
Passando alle tecniche di intervento sui resti archeologici e nel loro intorno, queste sono state descritte ed analizzate nel quarto capitolo, partendo da quelle analoghe alle originali si sono poi brevemente illustrate le tecniche premoderne di consolidamento e protezione, intendendo quelle di uso frequente nei sec. XVIII-XX. Infine, si sono descritti e analizzati, in breve, i nuovi materiali e le tecniche ad essi relative impiegabili in ambito archeologico.
Sono state poi raccolte, nel quinto capitolo, a titolo esemplificativo, le descrizioni di alcuni specifici interventi, corredati da numerose immagini, che approfondiscono alcuni aspetti particolarmente significativi, riguardanti progetti di restauro e recupero architettonico.
Si tratta di un campo assai vasto e complesso, del quale si cerca di fornire elementi, oggettivi, utili per rendere più agevole la comprensione dei differenti tipi di approccio alle tematiche specifiche onde poter operare nel campo con maggiore consapevolezza, fornendo risposte progettuali ed esecutive più efficaci.
Giovanni Manieri Elia
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